Sul reddito di cittadinanza

Buona parte delle proposte di politica economica che vanno sotto il nome di “reddito di cittadinanza”, contenute anche nei programmi di quasi tutti i partiti politici in Italia e nel resto d’Europa, sono semplicemente misure più o meno generose di contenimento dell’indigenza da mancanza di lavoro, destinate a soggetti che non hanno diritto ad alcun tipo di sussidio di disoccupazione.
Esulano dalla mera assistenza ai poveri senza lavoro, per lo più già esistente in una forma o nell’altra nei paesi industrialmente più avanzati, due tipi di proposte che nel corso degli ultimi dieci anni hanno guadagnato terreno nella letteratura sul reddito di cittadinanza e nel dibattito politico. La prima è quella di un reddito di base garantito a tutti, sufficiente per vivere, cumulabile col reddito da lavoro e indipendente dalla quantità e dal tipo di lavoro svolto. La seconda riguarda invece i lavoratori con bassi salari e sostanzialmentemira proprio ad incentivare l’accettazione di lavori modestamente retribuiti. È soprattutto questa seconda concezione di reddito di cittadinanza che merita a nostro avviso di essere discussa e su di essa concentreremo l’attenzione in questo articolo, dopo una breve analisi critica della prima.